Maglie biancoverdi ancora tristemente vuote, nonostante più di un anno di trattative. Difficile in queste condizioni programmare il futuro
Il 14 giugno del 2015 la Mens Sana usciva dal tunnel della serie B ed iniziava a riaccendere l'interruttore della luce. Niente a che vedere con i riflettori del passato, s'intende, ma un piccolo passo in avanti quello sì, dopo che il fallimento di undici mesi prima si era portato via tutto, ricordi esclusi ovviamente. Il 14 giugno del 2015 era, a ben vedere, anche l'ultima uscita della Mens Sana con una maglia griffata, marchiata cioè da uno sponsor: dal saluto di Gecom, l'unico brand non facente parte del cosìddetto “indotto” che nell'ultimo quarto di secolo abbia sposato la causa biancoverde, ad oggi, 18 ottobre 2016, sono trascorsi sedici mesi.

Inspiegabile ed inspiegata al tempo stesso, perché né il vecchio né il nuovo corso di quella che si chiama Mens Sana Basket 1871 sono fin qui riusciti a motivare cosa realmente abbia ostacolato e continui ad ostacolare la chiusura, positiva, di tutta una serie di trattative messe in piedi (ce ne sono state tante, gli “spifferi” dicono questo in assenza di comunicazioni più canoniche) da quel giugno di più di un anno fa. Che poi, volendo tornare ancora un po' più indietro nel tempo, stessa storia era capitata nel bel mezzo del crollo precedente. Anche allora, si parla di un lasso di tempo considerevole che copre tutta la stagione cestistica 2013/2014 (ma l'uscita dalle vicende sportive del logo Mps era già chiara e manifestata), niente di fatto sul fronte sponsorizzazioni, nonostante gli “spifferi”, sempre e solo loro, indicassero trattative ben avviate e di alto livello, consone ad una squadra che dominava in Italia e diceva la sua all'estero, poi sparite nel nulla.
Chi o cosa impedisce alla Mens Sana di trovare una partnership solida e tale da mettere in sicurezza l'attuale stagione e da poter pianificare almeno la prossima? Chi o cosa non vede di buon occhio una realtà che nonostante tutto (le manette, i reati, le revoche dei titoli ed i processi, quelli veri, che prima o poi verranno sono solo la parte deteriore della storia, prima c'è ben altro e tutti lo sappiamo) continua ad esprimere un seguito di pubblico apprezzabile per la serie A2, oltre a schierare in campo la faccia pulita, e vincente, dei suoi giovani giocatori? Chi o cosa mette i bastoni fra le ruote (si è sentito dire anche questo, nel bel mezzo di una raffica di “spifferi”) a tutta una serie di operazioni messe in piedi da quando i nuovi soci, di maggioranza e di minoranza, si sono seduti al tavolo per agganciare il tanto atteso main sponsor e convincerlo a mettere il proprio nome sulle maglie biancoverdi?
Si è parlato di congiunture economiche sfavorevoli, ma quelle (purtroppo) ci sono a Siena come in qualsiasi angolo d'Italia e, a ben vedere, stona non poco il fatto che in tutto il girone Ovest della serie A2 solo Mens Sana e Viola Reggio Calabria siano ancora prive di un marchio ben riconoscibile. Si sono tirati in ballo “vicini scomodi” e addirittura “faide interne”, ma senza una spiegazione precisa e dettagliata di quanto sopra si rimane nel solito limbo controproducente, quello delle chiacchiere. Il dato di fatto rimangono quei 491 giorni in canotta tutta bianca o tutta verde, la prospettiva è che si debbano oltrepassare i 500 senza sostanziali novità, la paura è che avvicinarsi a quota 600 implichi una nuova, ennesima, chiamata alle armi, anzi al portafogli, di quelli che la Mens Sana la sostengono, ma solo per passione. Possiamo, tutti quanti, permettercelo?
Matteo Tasso
foto mens sana basket 1871