Dato il tema, dei ritrovamenti di Poggio Civitate si è parlato in diversi interventi, a partire da quello di Anthony Tuck, dell’Università Amherst del Massachusetts, arrivato appositamente dagli Stati Uniti per raccontare l’evoluzione di tre insediamenti successivi (una novità assoluta: finora erano considerati due), visto che da anni sta curando gli scavi a Murlo. Inoltre, Poggio Civitate sembra dimostrare che le tegole per i tetti potrebbero anche essere una “invenzione” locale, non importata dalla Grecia. Altre ipotesi riguardano un abbandono violento e non volontario di Poggio Civitate nell’ultimissima fase, forse per intervento dell’esercito della Città Sato di Chiusi. Interessante l’ipotesi di Francesco Roncalli dell’Università di Napoli Federico II, che ha dato una spiegazione del “cappellone”: sarebbe un sacerdote, insediato sul tetto a mediare simbolicamente tra i residenti e il culto degli antenati. Di Murlo ha parlato anche Adriano Maggiani, dell’Università di Venezia.
Ai lavori congressuali, che si sono svolti con l’attenta regia di Giuseppe Maria della Fina della Fondazione Faina, ma anche direttore scientifico del festival Bluetrusco di Murlo, hanno partecipato etruscologi e storici del mondo antico provenienti da Università, Soprintendenze archeologiche, istituti di ricerca e musei sia italiani che stranieri.
Si è parlato, più in generale, delle forme d’insediamento e degli sviluppi dell’architettura civile nell’Italia preromana: un tema affrontato tenendo presenti i risultati della più recente ricerca archeologica. Il quadro delineato presenta novità considerevoli scaturite da campagne di scavo appositamente programmate e portate avanti negli ultimi anni o da scavi di emergenza.