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ROBERTO BRUCHI E I SEGRETI DEL VINO: "BERE BENE, ANCHE IN CONTRADA"

News inserita il 17-10-2010

Il direttore di Aprovito si confessa a OK SIENA al termine della vendemmia, giudicata "soddisfacente" e in attesa delle nuove strategie di un mercato in crisi: "Spero che il Vinitaly 2011 possa contraddistinguersi per il vento del cambiamento". 

ENOLOGIA, INTERVISTA ALL’ESPERTO: ROBERTO BRUCHI

Intanto chi è Roberto Bruchi?
"Sono un enologo, già da alcuni anni direttore di Aprovito, che è un’organizzazione a carattere regionale di  produttori vinicoli. Ho fatto molte esperienze nell’ambito professionale legate al mondo del vino. Per alcuni anni sono stato amministratore dell’ente Vini enoteca italiana. Attualmente sono membro del Comitato Nazionale Vini (per chi non lo sa  è il Parlamentino italiano dei vini che gestisce tutti gli aspetti legati alla denominazione di origine italiana dei vini, ndr). E’ un’esperienza importante che mi ha portato a conoscere tanta gente e ad avere rapporti a livello nazionale con differenti realtà. Sono vicepresidente dell’Assoenologi Toscana, la sezione regionale dell’associazione nazionale enologi. E’ questo da sempre il mio ambito di lavoro e di interesse e sono molto contento perché sono nel settore per cui ho studiato, anche se il mondo del vino è notevolmente cambiato e la crisi degli ultimi due anni ha messo a dura prova tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno a che fare con questo settore".
Sta per finire la vendemmia: cosa fa un enologo in questo periodo?
"Intanto chi è l’enologo, spesso si fa confusione tra l’enologo, il sommelier e l’enotecnico. L’enologo è il professionista del vino, è colui che tramite un percorso universitario di studi raggiunge  una specializzazione in questo campo e si occupa della produzione e trasformazione del vino in tutti i suoi aspetti: dall’impianto del vigneto fino all’imbottigliamento, senza tralasciare altri aspetti importanti come la legislazione vinicola. E’ colui che segue tutte le fasi , interviene con la sua professionalità per gestire al meglio la produzione di questo prodotto. Questo è il momento più intenso di lavoro, comincia dai primi di settembre l’attività più importante e termina poi quella più intensa a fine novembre primi di dicembre. In questo periodo i vini stanno fermentando e quindi si seguono tutte le operazioni di vinificazione, di svinatura, si controllano i vini, i mosti, si fanno le analisi, si vede come il vino sta nascendo, si interviene se è il caso e si gestisce questa fase che è la più delicata. La qualità dei vini dipende da tante cose e sicuramente dipende dall’ambiente pedoclimatico, quindi terra più ambiente più clima ma dipende molto anche dalla capacità professionale nella gestione delle fasi appunto di vinificazione e fermentazione e successivamente di invecchiamento. E’ un momento molto delicato in cui bisogna stare molto attenti perché errori, sbagli, sottovalutazioni che possono esser commesse in questo periodo vanno ad inficiare un lavoro che dura un anno o anche due anni".
Per quanto riguarda appunto il clima, come è andata la vendemmia 2010?
"Tutto sommato è andata bene, nel senso che il vino come tutti i prodotti della natura è influenzato dall’andamento climatico. Quest’anno abbiamo avuto una stagione un po’ particolare: una primavera che sostanzialmente non c’è stata, perché dopo l’inverno è tornato l’autunno; un’estate che è partita tardi e che però poi è arrivata rapidamente e in modo violento, con giornate molto calde, afose, asciutte, sostanzialmente dal 10 di luglio. Poi il clima è cambiato, è piovuto, c’è stato un agosto altalenante e questo naturalmente ha determinato talune condizioni che hanno influito in parte sulla qualità ma soprattutto sulla maturazione. Infatti la vendemmi è stata tardiva, si è spostata in là di alcuni giorni soprattutto per alcuni vitigni, visto che non hanno tutti lo stesso periodo di maturazione.  Sostanzialmente abbiamo tre categorie di vitigni, classificati in base alla loro maturazione; quelli precoci che maturano presto, tra la metà di agosto e i primi di settembre; vitigni di media precocità, che invece maturano nella prima quindicina di settembre e poi invece abbiamo dei vitigni tardivi come il Sangiovese che maturano più il là, il cui periodo ottimale è spostato tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, tipo il Nebbiolo  con il quale poi si producono due grandi vini piemontesi: il Barbaresco e il Barolo. Dunque quest’anno è stata una vendemmia tardiva perché interrotta dalle piogge ma tutto sommato siamo rimasti soddisfatti".
Crisi. Come hanno vissuto i vigneti toscani in particolar modo quelli senesi l’annata del 2009? Quali sono state le problematiche principali che hanno dovuto affrontare piccoli e grandi produttori?
"Sostanzialmente noi abbiamo avuto un fenomeno che è stato di questo tipo: un crollo dei prezzi del vino e delle uve da produzione, un mercato che ha rallentato molto e in alcuni casi si è fermato, sia interno domestico sia estero. Alcuni consumatori di grandi Paesi, punti di riferimento dei nostri vini, Nord America e Nord Europa, vista la crisi hanno diminuito molto l’acquisto dei vini, provocando un rallentamento consistente nell’esportazione. Il mondo del vino per alcuni anni ha corso molto, è cresciuto, si è valorizzato, le aziende hanno fatto profitti investendo molto  e quindi questo rallentamento così repentino ha determinato situazioni molto complicate. I produttori hanno reagito cercando di reimpostare un po’ la politica commerciale di marketing. Hanno dovuto sacrificare i prezzi delle bottiglie per mantenere alcuni mercati e per aprirne altri e quindi si sono difesi.  In questo momento si cerca di non affondare e si cerca di attrezzarsi per quello che verrà successivamente, per una, auguriamoci, ripresa che sicuramente nell’immediato non ci riporterà a vivere i momenti passati tra il 2001 e il 2008 ma ci auguriamo che possa quantomeno far riprendere il mercato, le vendite e le esportazioni".
Per riportare la grandezza dei vini italiani nel mondo, vista l’alta concorrenza, cosa si può fare?
"La concorrenza è un fattore importante ma noi abbiamo dalla nostra parte i vini italiani e toscani e senesi in particolare, dove non vendiamo solo una bottiglia di vino ma al suo interno c’è la qualità, la storia, la cultura, tutto un mondo che fa si che quel prodotto sia particolare, peculiare, differente da tutti gli altri vini che si producono, abbia un valore aggiunto diverso.  Quindi anche in un mondo che globalizza i gusti noi abbiamo la capacità di imporci ancora, di farci riconoscere e di far apprezzare i nostri prodotti ai quali  colleghiamo tutto quello che c’è intorno: l’ambiente, la cultura, l’architettura. Rispetto invece alla visione del vino di alcuni Paesi, che noi diciamo concorrenti ma che in realtà lo sono fino ad un certo punto, che impostano la produzione e la commercializzazione a livello industriale e si muovono con quelle dinamiche, dalla produzione al marketing, alla commercializzazione, noi che non la pensiamo così possiamo ancora avere la possibilità, la capacità di affrontare il futuro con una certa dose di speranza".
Idee e proposte in previsione del prossimo Vinitaly?
"Il Vinitaly 2010 è stato piuttosto triste, la crisi non investe tutto il nostro Paese, tutte le zone produttive ma anche tutto il mondo del vino e anche altri nostri competitor come la Francia. In zone  pregiate come quella dello champagne la crisi è stata ed è pesante. Il prossimo Vinitaly in primavera ad aprile, quando riprende anche l’attività turistica, spero che possa segnare un’inversione di rotta, dove si possa timidamente iniziare a sentire un po’ di ripresa e quindi ad essere fiduciosi. Basta poco, basta sentire che qualcosa sta cambiando, riuscendo soprattutto a dare fiducia a chi lavora. La gestione quotidiana  delle imprese in questo momento è pesante e difficile perché gli imprenditori vitivinicoli, come del resto anche gli altri, hanno difficoltà finanziarie di liquidità e di pagamenti. Mi auguro perciò che il Vinitaly 2011 possa contraddistinguersi per il vento del cambiamento".
Cosa si può fare per le contraffazioni?
"Giornalmente gli organi di vigilanza che hanno il compito di controllare le produzioni vinicole svolgono pienamente il loro lavoro. Se sono venuti fuori alcuni casi di contraffazione è perché c’è un sistema dei controlli che funziona, altrimenti non sapremo mai di queste azioni. La legislazione italiana, nel comparto vitivinicolo è molto precisa, efficace. Le leggi ci sono, si tratta di farle rispettare e controllare che vengano rispettate ma posso dire che rispetto al passato possiamo essere molto più sereni, visto il nuovo sistema  di certificazione che l’UE ha predisposto con il nuovo OCM  Vino e anche la nuova legge italiana n. 61 che gestisce a parte le denominazioni d’origine dei vini. Azioni e controlli che possono garantire al consumatore che quello che beve è  quello che c’è scritto sull’etichetta: zona di produzione, vitigno e i metodi di produzione, invecchiamento. Oggi il sistema garantisce molto di più rispetto al passato e unito ai controlli che gli organi dello Stato fanno possono farci dormire sogni tranquilli. Debellarlo completamente sarebbe un bell’obiettivo, l’impegno c’è da parte di tutti i produttori, ma ogni tanto qualche mela marcia esce. L’importante  è diminuire sempre di più la possibilità che questo tipo di azioni, di frodi, possano avvenire".
Aspettative per il futuro?
"Il futuro è sempre complicato. Sono moderatamente ottimista per il futuro del mondo del vino perché penso che abbia, con questa crisi, esaurito un periodo. Un periodo partito 20 anni fa quando il vino da bevanda collocata in alcuni ambiti sociali più poveri è diventato un prodotto che in alcuni momenti ha rappresentato anche uno status symbol, di moda, di tendenza.  Ci siamo inventati un nuovo modo di comunicare il vino, di farlo conoscere. Le aziende hanno fatto notevoli passi in avanti sulla qualità, sul marketing. Oggi siamo arrivati in fondo a questa esperienza e abbiamo bisogno di novità, di reimpostare un po’ tutta la comunicazione, la promozione di questo prodotto e su questo possiamo lavorare moltissimo. Nei prossimi anni per poter mantenere questi livelli di commercializzazione e di conoscenza del vino e di affermazione sul mercato dei nostri prodotti dobbiamo cercare, a mio avviso, una nuova strategia comunicativa e di marketing. E’ stimolante proprio per questo perché c’è ancora molto da fare e c’è bisogno di nuove idee e progetti da mettere in atto. Il mondo del vino è un mondo che in Italia muove occupazione, PIL, indotto, oltre ad essere un biglietto da visita importante per il nostro Paese, per la Toscana. L’’immagine del made in Italy nel mondo il vino occupa un posto importante ed è per questo che dobbiamo trovare un modo innovativo per valorizzarlo".
Siena è la città delle contrade e delle cene, come si può insegnare ai giovani la cultura del bere bene?
"Tutto parte dall’informazione e dall’educazione, bere consapevoli, penso che questo sia un messaggio che noi dobbiamo dare ai  giovani perché comunque l’incontro con il vino, e più in generale coi prodotti alcolici a un certo punto della vita arriva e quindi cercare di preparare i giovani a questo incontro, cercando di fargli capire quali danni possa provocare l’abuso dell’alcool, che ha delle conseguenze importanti, spesso drammatiche. Il corretto consumo del vino può essere fonte di piacere, di gioia da condividere anche con gli altri ma anche di benessere, perché fondamentalmente il vino bevuto nelle dosi giuste, moderate in una dieta equilibrata apporta degli effetti benefici. Non lo dico io ma gli studi che negli ultimi 20 anni  hanno spiegato questi fenomeni e quindi bere vino consapevole deve essere una gioia, un piacere che non ci deve abbrutire. Penso che le contrade, realtà dove si socializza, dove i giovani si ritrovano e condividono una passione, possono svolgere anche questo ruolo importante, cioè quello di educare. C’è da aggiungere anche che i nostri giovani vivono in famiglie dove è molto più raro il momento sociale del pranzo e della cena, della condivisione collettiva. Una volta, su tutte le tavole delle famiglie in particolare quelle toscane c’era il fiasco di vino e il ragazzo, bambino e adolescente, veniva abituato piano piano, magari il vino veniva annacquato, veniva fatto assaggiare e quindi questo permetteva anche al giovane di capire l’alimento e di misurarsi rispetto a questo prodotto. Poi va fatta una divisione: il vino è un alimento e un prodotto particolare, chiaro che c’è l’alcool però va distinto rispetto ai super alcolici, alle miscele con le quali spesso il giovane cerca veramente di stordirsi. La cosa più avvilente è vedere tanti giovani nel fine settimana con tante bottiglie, soprattutto di birra, che vagano alla ricerca di questo lento stordimento che avviene in modo più subdolo perchè la birra contiene meno alcool quindi se ne può bere di più. Però quando l’alcool arriva ai centri nervosi provoca uno stordimento, uno stato di benessere precario.  Si può lavorare molto su questo aspetto e chi lo può fare? La famiglia, la scuola, gli esperti, le stesse contrade. Quando mi chiamano a parlarne sono sempre molto felice perché si racconta una storia legata al vino che tanti non sanno e questo è importante: un grande rispetto e insegnare ai giovani che l’uso può dare piacere e soddisfazione al contrario dell’abuso". 

Francesca Ferriol

 

 

 

 

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