Un esempio di “senesità” che si è diffuso oltre i confini toscani e di cui deve essere tenuta accesa la luce del ricordo
Giovanni Duprè nacque a Siena il 1 marzo 1817 da Francesco, intagliatore di legna, e da Vittoria lombardi nella via che oggi porta il suo nome (al tempo si chiamava Via di Malborghetto). Durante una giovinezza dettata dalla precarietà economica della famiglia, anche Giovanni intraprese il mestiere paterno nella Bottega di Paolo Sani a Firenze. Come lui stesso ribadisce nei “Ricordi autobiografici”, la famiglia si era dovuta trasferire a Firenze ed il padre, oltre che nella sopracitata bottega, doveva svolgere il proprio lavoro muovendosi tra le varie città toscane del tempo. Nel capoluogo, Duprè frequentò l’Accademia delle Belle Arti. La sua prima opera veramente impegnativa, dopo altre eseguite come puro esercizio di stile, risale al 1840 e rappresenta un bassorilievo in gesso, ormai perduto, raffigurante il “Giudizio di Paride”, con il quale partecipò al concorso accademico triennale vincendolo a pari merito con Lodovico Caselli. Un’opera che portò intorno al suo nome tanta fama, ma anche tante polemiche, fu il celeberrimo “Abele morente”, il cui modello in gesso venne esposto all'Accademia fiorentina nel 1842, sollevando scandalo per la rappresentazione troppo naturalistica del nudo. Andando oltre alle tradizioni culturali, etiche e morali del tempo, quello che colpisce è la maestria di uno scultore che aveva portato a compimento un’opera di tal portata a soli venticinque anni. Nel Museo del Colle del Duomo di Viterbo è esposto un suo busto rappresentante “Letizia Cristina Bonaparte”, figlia del fratello di Napoleone I, Luciano Bonaparte, scolpito nel 1872. Nel 1869 Siena gli dedica addirittura la nuova locomotiva in servizio sulla Centrale Toscana fra Siena ed Empoli. Il suo nome è sicuramente legato alla Contrada Capitana dell’Onda che nella sua sede museale ospita alcune opere dello sculture. La sua storica abitazione senese è distinguibile dagli edifici attorno da una lapide. Inoltre, il drappellone del Palio dell'Assunta del 2017 fu proprio dedicato allo scultore senese per i duecento anni dalla sua scomparsa. Ancora più incredibile è che la sorte abbia voluto che quella carriera venisse vinta dalla Contrada Capitana dell’Onda per coronare lo stretto legame tra l’artista e quei vicoli che lo hanno visto nascere. Un esempio di “senesità” che si è diffuso oltre i confini toscani e di cui deve essere tenuta accesa la luce del ricordo.
Niccolò Ricci – foto: www.ilPalio.org