Il cappotto di Mezzetto scuffia l’Istrice.

La vittoria dell’Istrice nel Palio di agosto del 1956 fu frutto di uno dei più grandi capolavori di strategia paliesca dell’epoca, posto in essere non tanto dai dirigenti, quanto dai fantini. Negli anni precedenti erano state “scassettate” due preziose casseforti: quella della Selva che non vinceva dal 1919, e quella del Bruco, a secco dal ’22. Era perciò arrivato il turno della nonna Istrice, a digiuno dal 1935 e, quando la sorte portò in Camollia la divina Gaudenzia, i fantini, soprattutto quelli del “monte dei Maremmani” (gruppo di fantini provenienti dalla Maremma toscana e laziale) presero subito la palla al balzo, definendo, quasi per intero, monte e strategie.

Fu così deciso che a montare Gaudenzia dovesse essere Ciancone che, dopo la prima prova, andò a soffiare il posto a Tristezza, fantino non ben visto dal “monte”, e che dovette poi accontentarsi della monta della modesta Santuzza nella Pantera. Gli altri due barberi favoriti, Tanaquilla ed Archetta, toccati rispettivamente a Nicchio ed Onda, furono affidati a Vittorino ed a Rondone, entrambi consapevoli che la loro non sarebbe stata una carriera a vincere. Ma quando tutto sembrava ormai pronto per un altro successo del Gentili, durante la seconda prova accadde l’inaspettato: Ciancone infatti cadde e si infortunò seriamente. L’Istrice decise di sostituirlo con Lazzero, ma fu lo stesso Ciancone, dal letto di ospedale, a suggerire il nome di Mezzetto, vincitore per l’Aquila nel luglio precedente, che fu prelevato proprio dalla contrada del Casato dove, guarda caso, salì Terribile, altro fantino facente parte del sodalizio dei maremmani. La sera del Palio si andò al canape nel seguente ordine: Pantera (Santuzza e Tristezza), Onda (Archetta e Rondone), Montone (Roccalbegna e Lampino), Istrice (Gaudenzia e Mezzetto), Chiocciola (Signorina e Romanino), Bruco (Susina e Rompighiaccio), Nicchio (Tanaquilla e Vittorino), Giraffa (Belfiore e Biondo, all’ultima apparizione della sua lunga e vincente carriera), Civetta (Velka e Bazza), ed Aquila (Ravi II e Terribile) di rincorsa. Lo spunto in partenza di Mezzetto, che alla Fonte aveva già perso lo zucchino, indirizzò sin dai primi metri quel Palio; dietro di lui Onda e Nicchio, mentre la Civetta restò girata e partì in grave ritardo. Rondone provò ad insidiare Mezzetto che rispose con una bella parata all’altezza del primo passaggio dal bandierino. Le posizioni rimasero invariate fino al terzo San Martino, quando la Civetta, che aveva compiuto un gran recupero dopo partenza infelice, infilò di dentro l’Onda, causando la caduta di Rondone. In seconda posizione passò il Nicchio ma Vittorino poco fece per raggiungere un’ormai stanca Gauidenzia (causando tra l’altro il malumore dei nicchiaioli nel dopo corsa), che Mezzetto portò senza neppure troppe difficoltà per prima al bandierino, realizzando il suo cappotto personale e permettendo all’Istrice di scuffiare. Nei giorni successivi Mezzetto, che da quella vincita incassò un’importante somma, decise, con un gesto di estrema generosità, di recarsi in ospedale a dare una mancia al Gentili che, tra l’incredulo ed il commosso accetto ben volentieri. Ma la commozione lasciò ben presto spazio alla rabbia ed alle imprecazioni quando, una volta aperta la busta, Ciancone si accorse che dentro c’era una cifra talmente irrisoria che nemmeno l’ultimo dei comprimari avrebbe meritato. E si narra che le urla del fantino di Manziana riecheggiarono per tanti minuti nelle corsie dell’ospedale…..
Davide Donnini
Foto tratta da www.ilpalio.org