Atteggiamenti irrispettosi e polemiche "datate" sono pane quotidiano per la squadra biancoverde tra i Dilettanti
Ricordo di aver messo nero su bianco un concetto, quasi dieci anni fa e non senza ricevere critiche, sull’onda lunga che il crac della vecchia Mens Sana Basket avrebbe causato sulla pelle dei tifosi biancoverdi in termini di “frizzi e lazzi” (chiamiamoli così per non scadere nella volgarità) da parte di chi da sempre, o quasi, aveva lo stomaco in subbuglio vedendo il nome Siena, anzi Mens Sana, associato a scudetti, coppe e quant’altro.
Era la primavera del 2014, un’era geologica fa se pensiamo a cosa, nel frattempo, è successo dalle parti di viale Sclavo. Per chi soffrisse di amnesie, ce ne sono, è doveroso ricordare i soldi, tantissimi, usciti dal borsellino dei tifosi (sotto forma di azionariato popolare e di sottoscrizione di campagne abbonamenti) per tenere in piedi una nuova società, la Mens Sana Basket 1871, che aveva fatto il passo più lungo della gamba e che, consegnata in fretta e furia nelle mani sbagliate, finì per polverizzare, nel 2019, anche le macerie precedenti. Oggi è tempo di Academy, in un contesto lontano anni luce da tutto ciò che si è visto nell’ultimo mezzo secolo (la Mens Sana esisteva, e faceva la sua dignitosa figura, anche prima dei matrimoni istituzionali celebratisi dagli anni Novanta in poi, compie una ricostruzione di parte chi non lo ammette), con alle spalle quattro campionati trascorsi nel sommerso dei Dilettanti e un presente, in C Gold, incerto: niente vieta di dire sì alle “wild card”, puntuali ogni estate, oltre una certa categoria però è impensabile mantenersi se non si ha un progetto con determinate coperture finanziarie.

Esaurito il preambolo (mi rendo conto che qualcuno possa essersi annoiato…pazienza), si arriva al nocciolo della questione. Tutta questa gente, che ha la pelle piena di cicatrici e che a rifarsi altrove un lifting non ci ha mai pensato (perché è alla Mens Sana che è affezionata), numericamente parlando rappresenta ancora uno zoccolo duro importante (tra chi si è allontanato ci sono storie di sofferenza, rabbia e disaffezione che vanno messe nel conto, c’è chi oggi non è attratto dal livello dello spettacolo, è la comprensibile logica della domanda e dell’offerta, poi mancano quelli che al palasport non trovano più da stringere la mano a qualcuno che conta, né possono più intrufolarsi a metà partita nella mitologica Vip Lounge, tra alberi di ficus e poltrone in pelle umana), ed è proprio la stessa gente che si trova a fare i conti, in giro per la Toscana con quell’onda lunga cui si è accennato.
Un’onda lunga dettata dal campanile, e fin qui niente di male, ma pure da esistenze trascorse a imbottirsi di Maalox, il cui abuso provoca effetti collaterali quali la ricerca, spasmodica, del proverbiale quarto d’ora di notorietà da parte dei pochi tifosi che in C seguono il basket (e che, magari, una volta facevano la spola da casa loro al palasport di Siena per vedere l’Eurolega e dire “io c’ero”) di qualche loro dirigente, di taluni allenatori, addirittura di giocatori, adulti o poco più che bambini (è successo mesi fa) non fa differenza.
Avviso ai naviganti, guai ad abbandonarsi a un insensato vittimismo, meno che mai si deve cadere nel tranello delle provocazioni. È doveroso, in compenso, esigere rispetto, se non per la parte buona della propria storia almeno per gli sforzi che, nonostante tutto, la gente della Mens Sana sta continuando a compiere pur di dare un futuro alla sua passione. E quel rispetto, prima che altrove, deve innanzitutto germogliare sulla porta di casa nostra.
Matteo Tasso
foto tratta da pagina facebook Mens Sana Basketball Academy