Il centro si racconta alla vigilia della sfida con Lucca: "Mai visto un attaccamento alla squadra come quello dei tifosi biancoverdi"
Nell’inatteso primato Note di Siena, crescono le quotazioni di Jacopo Ragusa. Sta dando un contributo importante alla capolista Mens Sana, il centro pugliese classe 2000 arrivato in estate da Roseto: il numero 7 biancoverde porta in dote tutto quel lavoro sporco (difese, blocchi, tagliafuori) che sempre spetta ai giocatori chiamati a stazionare sotto canestro, aggiungendo rimbalzi e qualche licenza di mettersi in proprio nel colorato quando i compagni gli recapitano la palla per un appoggio al tabellone, oppure una partenza spalle a canestro contro il diretto avversario.
Jacopo Ragusa, data la struttura fisica lei nasce giocatore di basket?
“In realtà ho iniziato a fare sport giocando a calcio, poi tre anni di nuoto, a livello anche agonistico. La passione per i canestri è arrivata a 14 anni, nella squadra di Crispiano, il mio paese, ma un po’ di familiarità c’era anche prima, perché mio fratello Mattia ha sempre giocato a basket ed è anche molto bravo: da qualche stagione è a Martina Franca, quest’anno stanno disputando la serie D”.

La Puglia ha sempre avuto un buon feeling coi canestri…
“Vero, il basket da noi è uno sport molto praticato e anche molto seguito. C’è la tradizione ad alto livello di Brindisi, ma nel tempo si sono affermate pure altre piazze, penso a Nardò, a San Severo, a Ruvo. I settori giovanili sono tanti e di buon livello, di ragazzi che giocano ce ne sono moltissimi. Il problema è riuscire a indirizzarli bene, i ragazzi, non parlo solo di sport, ma anche di scuola, di educazione”.
Citava poco fa Martina Franca. È stata la sua prima tappa di un lungo girovagare tra i canestri del sud?
“Il settore giovanile di Crispiano si era spostato là e nonostante fossi solo un adolescente mi è capitato anche di fare qualche allenamento con la prima squadra, che militava in B. A 15 anni sono andato a Battipaglia, tre anni dopo a Roma, all’Eurobasket, dove mi sono sviluppato come giocatore ma anche come persona”.
Scelta difficile, allontanarsi da casa?
“No, perché era un’opportunità di crescita che a Crispiano non avrei avuto e comunque, premesso che la mia famiglia ha sempre sostenuto tutte le scelte che ho fatto e le ha supportate, caratterialmente sono abbastanza predisposto a contare sulle mie forze per andare avanti. All’Eurobasket l’ambiente era ottimo e, oltretutto, ho vissuto molto bene anche il cosiddetto fuori dal parquet, cioè lo studio e le amicizie”.
Studio che prosegue nonostante l’impegno col basket?
“Sto seguendo un corso di laurea in comunicazione digitale d’impresa, è una specifica di scienze della comunicazione improntata sulla comunicazione aziendale. Frequento a distanza, in maniera telematica, sto portando a termine l’annata”.
Tornando al suo curriculum cestistico, vi si leggono nomi di società conosciute anche ad alto livello come Avellino e Montegranaro…
“Alla Sutor ho fatto la mia prima esperienza vera da senior (in precedenza con l’Eurobasket era stato convocato due volte in prima squadra in A2, senza però mai vedere il campo, ndr), è una società molto ben organizzata e c’è un ambiente speciale con una tifoseria presente e appassionata. Ad Avellino le cose non sono andate bene per vari motivi, in realtà sono arrivato là a ottobre dopo che Matera, per la quale avevo firmato in estate chiamato da coach Origlio col quale mi ero trovato molto bene a Sant’Antimo, ci ha svincolati tutti a tre giorni dall’inizio del campionato: peccato perché era veramente una bella squadra, in Supercoppa avevamo raggiunto la semifinale”.
A Siena è la sua prima volta lontano dai gironi meridionali della B?
“Sì, dopo Avellino ho giocato due stagioni a Monopoli e la scorsa a metà tra Bisceglie e Roseto. Volevo però trovare stimoli nuovi: al sud a volte si trovano situazioni complesse, non sempre chi investe i propri soldi ha dalla sua anche la cultura sportiva, questo è un limite per la salute e la crescita del movimento. Sono contento di essere in Toscana, una regione che mi ha sempre affascinato da lontano, per un fatto di qualità della vita oltre che di storia, arte, bellezze naturali”.
A metà luglio, quando già circolava il suo nome per lo spot di numero 5 della Mens Sana, è uscita la notizia che sarebbe andato a giocare a Recanati…
“Ho avuto alcune proposte durante l’estate, Recanati è stata una di quelle. Ho letto l’articolo a cui si fa riferimento, ma in quel momento ero già d’accordo con la Mens Sana”.
Che effetto le ha fatto la chiamata della società biancoverde?
“La Mens Sana è la Mens Sana, come fai a non essere felice quando ti arriva una chiamata per venire a giocare qui? E poi le referenze su Siena e sull’ambiente attorno alla squadra sono ottime, me ne hanno sempre parlato in termini molto positivi i miei ex compagni Federico Lestini e Manuel Saladini, come del resto Cosimo Costi, compagno di scuola anni fa a Roma. A convincermi comunque sarebbero bastati anche i soli video del pubblico biancoverde che circolano in rete e sui social”.
Sensazioni dopo questi primi mesi senesi?
“La città è meravigliosa, una delle più belle che abbia mai visto, ci sono storia, arte e si mangia anche molto bene, che non guasta affatto. Quanto al basket, la Mens Sana ha sia la tradizione sia quella cultura sportiva alla quale facevo riferimento in precedenza, oltre all’obiettivo di costruire qualcosa di importante: la società è organizzata, ci sono molte competenze specifiche, al tempo stesso però c’è un clima accogliente, familiare. Ciascuno di noi viene messo nelle condizioni di dare il massimo”.
Tante attenzioni, vero, ma pure pressioni che altrove sono sconosciute?
“Più che di pressioni parlerei di stimoli, perché quando vedi tutta quella gente che viene a sostenerti è naturale voler dare sempre il 100%, entrare in campo e spaccare la partita. I tifosi sono una cosa bella, sempre, qui però l’attaccamento alla squadra e alla società raggiungono livelli mai visti: quando il giorno della presentazione siamo andati a conoscerli e ci hanno aperto le porte della loro sede, sono rimasto a bocca aperta vedendo tutti i cimeli e tutte le foto che conservano in quella stanza. Dico la verità, mi è venuta la pelle d’oca”.
Che obiettivi può raggiungere Note di Siena?
“Siamo una squadra giovane ma che ha dieci giocatori sullo stesso piano, questo ci aiuta a trovare sempre una soluzione anche quando le cose non vanno bene. Vogliamo arrivare più in alto possibile, chiaro, ma più che degli obiettivi mi piace parlare di come stiamo acquisendo consapevolezza di noi stessi, di ciò che siamo in grado di fare e soprattutto di quanto ancora possiamo migliorare: lavoriamo duro in palestra con Sara Fattorini e sul campo con coach Betti, dobbiamo continuare con questo atteggiamento perché il lavoro paga sempre”.
Jacopo Ragusa sta crescendo assieme alla squadra?
“Sento di aver fatto passi avanti rispetto all’inizio di stagione, ma per me è un punto di partenza, certo non di arrivo. Nelle prime due partite ero un po’ indietro di condizione fisica, ho avuto un piccolo problema che mi ha fatto perdere una settimana di lavoro e io non sono abituato a fermarmi, devo allenarmi sempre. I compagni mi hanno sempre aiutato a dare il meglio, in allenamento e in partita: quando c’è armonia i risultati arrivano, umanamente e sportivamente”.
Come si trova sul parquet con Gianluca Prosek?
“Giangi è un giocatore con grandi qualità realizzative e che sa muoversi bene anche senza palla. Ci stiamo trovando bene come senso della posizione sul campo, abbiamo capito le reciproche caratteristiche fisiche e tecniche e cerchiamo di sfruttarle nel migliore dei modi. In allenamento, in compenso, ce le diamo di santa ragione”.
Lei non sembra uno che si tira indietro, in quei frangenti..
“Assolutamente no, anzi. In una squadra dev’esserci sempre qualcuno che fa il cosiddetto lavoro sporco: eccomi, io non mi tiro mai indietro”.
Che campionato è questa B Interregionale Toscana?
“Un campionato difficile, il livello è molto buono e c’è grande equilibrio, puoi vincere o perdere con chiunque perché non ci sono squadre cuscinetto. Analisi, questa, che vale per noi come gli altri, ovviamente”.
Sabato sera viene a farvi visita Lucca. Che partita sarà?
“Sono sincero, ancora non conosco benissimo tutte le squadre e i giocatori avversari, ma da quello che ci è stato fatto vedere dal nostro staff pare un’avversaria bella tosta, oltre che ben allenata. Inoltre vengono dalla sconfitta contro la Virtus e avranno l’amaro in bocca per qualche incidente di percorso che ha segnato fin qui il loro cammino: noi dobbiamo rimanere concentrati, è vero che siamo in striscia e vincere aiuta a vincere, ma guai ad abbassare l’intensità”.
In tribuna ci sarà di nuovo la sua famiglia a sostenerla?
“Erano al palasport contro San Miniato e questo weekend torneranno di nuovo a Siena. I miei genitori non sono due intenditori di basket, ma nel tempo si sono appassionati e hanno sempre seguito sia me che mio fratello. Una volta, addirittura, mi è capitato di entrare in campo a Chieti, 500km da casa nostra, e di scorgere in tribuna mio padre: era arrivato fin là senza dirmi niente, a sorpresa”.
Tutti al palasport, ormai, parlano di chef Ragusa…
“È una passione presa da mia mamma e da mia nonna, le donne di casa, anche perché in Puglia sulla cucina non si scherza, è una delle cose che sappiamo fare meglio. Quando non mi alleno o non studio, mi metto ai fornelli e sperimento: è buffo, se i miei compagni scrollano, sul loro telefono arrivano aggiornamenti di basket o di calcio, sul mio invece compaiono sempre e solo ricette”.
I suoi coinquilini e più in generale i compagni di squadra apprezzano?
“Giorni fa è venuta la squadra a casa nostra, ho cucinato una lasagna con zucca, spinaci e salsiccia. Credo fosse buona, nessuno si è lamentato. E comunque è stato bello trascorrere un po’ di ore tutti assieme, anche lontano dal campo”.
Matteo Tasso
Foto Mens Sana Basketball