Recuperare il significato e il valore della Festa senese
Palio e Turismo: eterno dilemma. Al tempo dell’Azienda Autonoma di Turismo diretta dall’indimenticabile Giulio Pepi, il Palio e le Contrade costituivano il “nerbo” della comunicazione e della propaganda a favore di una città, la nostra Siena, peraltro viva e bene inserita, grazie anche ai corsi musicali estivi e alla stagione della Chigiana, nella rete turistica ordita dalla Regione Toscana, seppure chiaramente Firenzecentrica, ma più in generale in quella nazionale ed internazionale, grazie anche alla Scuola di Lingua e Cultura Italiana per Stranieri che diventerà, sotto la spinta decisiva dell’immaginifico Mauro Barni, Università, accanto a quella di Perugia. Insomma il Palio era allora una sicura fonte di richiamo per il turismo interno, e direi anche per quello internazionale, se è vero che la RAI programmerà già nel 1954, il 2 di luglio, la prima diretta dal Campo che vedrà la vittoria dell’Onda con Gaudenzia e Giorgio Terni detto Vittorino, affiancandosi alla radiocronaca che Silvio Gigli curava per la Radio con una “Siena che trionfava immortale”.
Ma il Palio attraeva già i “media” di mezzo mondo che inviavano a Siena i loro corrispondenti e le prime troupe televisive che producevano servizi che facevano conoscere la Festa e la nostra corsa di barberi in Europa, negli Stati Uniti e in Estremo Oriente, sforzandosi con intelligenza per entrare nei risvolti sociologici della vita delle Contrade e del Palio stesso.
Insomma Palio e Turismo erano negli anni cinquanta e sessanta le facce della stessa medaglia, anche se i Contradaioli continuavano a vivere la Festa “gelosamente” ritenendola una cosa di loro esclusiva proprietà, arrivando spesso a sostenere che del turismo, a loro, poco o niente importava.
Di fatto però la terra in Piazza richiama tanti turisti nei giorni fatidici del Palio e a me pare poco credibile leggere che alberghi e ristoranti non abbiano beneficiato della coincidenza paliesca.

Non voglio alimentare una polemica che, secondo il mio parere, non ha ragione di esistere.
Il Palio è conosciuto in Italia e nel Mondo e attira ogni anno migliaia di persone.
Siena avrebbe bisogno semmai di iniziative in campo culturale in autunno e in inverno. Eventi e mostre valorizzando il Santa Maria, oltre al Duomo, al Palazzo Pubblico e ai suoi inestimabili tesori artistici, paesaggistici ed architettonici.
Ridurre il Palio ad “evento turistico” lo ritengo un errore che sminuisce il valore stesso della Festa.
Ecco perché non condivido la “rabbia” di Rossella Lezzi e di Federalberghi che lamentano un promozione insufficiente di Siena, se la stessa è riferita al Palio. Non scherziamo e cerchiamo di recuperare il significato del Palio com’era, lasciandolo vivere, se ci riusciamo, in pace.
Roberto Morrocchi