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IL SINDACO CENNI PRESENTA IL PALIO DELL'ASSUNTA

News inserita il 10-08-2010

Ma il primo cittadino torna anche a parlare del Ministro Brambilla: "mai avremmo ipotizzato che un nuovo attacco al Palio arrivasse da chi riveste una carica che dovrebbe avere un valore, una dignità e quindi una responsabilità di livello così elevato".

"Autorità, onorandi priori e capitani, contradaioli, stasera abbiamo appena abbracciato il palio dipinto dal maestro Franco Fortunato, un palio classico che ricalca fedelmente la tradizione e che, per il disappunto di qualcuno in cerca di bella mostra di se stesso, non alimenterà certo le polemiche che abbiamo registrato con stupore nella precedente occasione. Non mi riferisco a chi aveva titolo per esprimere le proprie opinioni, legittime anche se non condivise dal sottoscritto, ma a quanti si sono cimentati in quell’arte tutta nostra di discutere dell’inutile, del superfluo che poi se reiterata diviene dannosa e lesiva dell’immagine complessiva della città.
E quindi non ci saremmo stupiti tanto di più se qualcuno fuori dalla città avesse come al solito attaccato la Festa, se siamo così solerti noi a distruggerci, non possiamo certo pretendere attenzione e rispetto dagli altri, sapendo quante attenzioni morbose ha da sempre scatenato il Palio di Siena, ma mai e sottolineo mai, avremmo ipotizzato che un nuovo attacco arrivasse da chi riveste una carica che dovrebbe avere un valore, una dignità e quindi una responsabilità di livello così elevato. Le precisazioni e la parziale retromarcia fanno sperare che nel futuro prima di parlare si rifletta, poiché forse le analisi si dovrebbero fare in raccordo con gli altri ministeri, se mi permettete è il minimo, e prima di parlare con giudizi e accostamenti che denunciano un livello di conoscenza pari allo zero anche delle peculiarità che il proprio dicastero richiederebbe, visto che la nostra Festa è la terza manifestazione in Italia per interesse turistico secondo una indagine certo non commissionata dalla città.
Ma per i volenterosi non mancheranno certo occasioni nei prossimi giorni di esercitarsi in quell’arte di assurgere ad attimi gratuiti di notorietà, ne siamo certi e consapevoli, e lo siamo non da oggi ma da sempre.
Sapremo come al solito difendere la città e la Festa che sono per noi al di sopra di ogni interesse particolare.
Per il sottoscritto è certamente l’ultima occasione di rinnovare questa sorta di rituale in cui, ogni volta, si assiste alla metamorfosi di un dipinto, di un’opera d’arte, che cambia immediatamente proprietà, e che assume un significato diverso nel momento stesso in cui il drappellone viene mostrato e sottoposto ai commenti, talvolta crudeli, del popolo delle contrade, che lo manipola e lo analizza non certo in virtù del significato profondo che l’artista vi ha infuso, ma quanto per l’interpretazione dei segni modellandoli a proprio gusto e piacere.
Questa è la sorte di ogni palio, che alla fine diviene solo un oggetto del desiderio non tanto per il valore dell’opera, ma per ciò che rappresenta per noi, e cioè il culmine di passione, di gioia e di emozione, a volte l’attesa per lunghi anni, ciò che ti ha spinto a mettere le tue energie e la tua opera a servizio della tua contrada. Quella meta che giustifica le ore passate volontariamente e gratuitamente a svolgere i lavori anche più umili che riescono a darti la gioia di sentirti parte di un organismo vero e vitale, protagonista ancora oggi come per tanti e da tanti secoli della vita, storia e cultura della tua splendida città.
La  strada, da tempo intrapresa, di ricorrere a committenze di alto spessore ha dotato le nostre contrade, i loro musei di opere d’arte uniche e irrepetibili, di altissimo valore artistico, segnando con i nomi della contemporaneità artistica la recente storia del palio. Poi si può discutere fino alla nausea di sottigliezze che magari nascondono anche pruriti integralisti che si riaffacciano pericolosamente in un mondo che dovrebbe operare in ben altra direzione, ma i musei oggi sono testimoni di un percorso evolutivo che si adatta, a volte anche con qualche fatica ai canoni della  nostra festa, e che segna uno dei miracoli del palio: essere ancorato alla tradizione ma non perdere mai di vista il contemporaneo, il futuro, non accettandolo passivamente ma con l’idea che esso possa plasmarsi e adattarsi a ritmi, riti e tradizioni che affondano le proprie radici nella notte dei tempi.
E quindi da stasera anche il Palio dipinto da Franco Fortunato inizia questo percorso tutto particolare divenendo un’altra opera d’arte di questo cammino solo il giorno che sarà riposto nel museo della contrada che lo vincerà, dopo averlo adorato, strapazzato e portato a giro nelle notti di fine estate, dedicandogli poi un posto centrale nella cena della vittoria.
Sarà un’altra testimonianza di come Siena non abbia mai avuto paura a confrontarsi con il nuovo, legata al passato ma ben collegata al futuro.
E questo non lo abbiamo fatto solo nel dipinto, ma anche in tanti aspetti della festa che è riuscita a rimanere se stessa pur attraversando epoche e momenti storici complessi, spesso anticipando, mai rinunciando.
L’incontro tra Franco Fortunato e Siena non è casuale né recente. Il maestro romano ha in città amici, estimatori, collezionisti, molto affezionati, grazie a numerosi appuntamenti che lo hanno visto presente con le sue opere in mostre, rassegne, feste di vario genere, organizzate a Siena e nel suo antico territorio.
Da questo solido rapporto è nato un sentimento di fiducia che ha portato l’Amministrazione ad affidargli la realizzazione del Drappellone dell’Assunta per questo 2010, dedicato nell’occasione, a un celebrato e coltissimo pittore del Rinascimento senese, quel Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, chiamato “pittor de lo Spedale” perché fu particolarmente attivo all’interno del Santa Maria della Scala, e di cui è stato possibile apprezzare i maggiori capolavori nella grande mostra dedicata al Quattrocento senese, che tanto successo ha riscosso negli ultimi mesi a livello mondiale.
L’ammirazione  che  il pittore romano porta ai grandi artisti della scuola senese e la profonda conoscenza della loro opera che lo contraddistingue, lo ha assistito nella composizione e nella decorazione di un palio così prezioso e cosi ammirevole proprio per la ricchezza di idee, poi tramutate in dettagli minuziosamente espressi e curati.
Il Drappellone mostra una Madonna quattrocentesca, direttamente colta da una tavola del Rinascimento e collocata contro uno dei tanti tramonti che Siena ha visto nella sua storia, aspettando l’evento più sentito e atteso. Verso il cielo rossastro ascendono poi tante antiche città, che altro non sono che tante immagini della Siena del Buon governo, la cui somma di 17 non può che rimandare alle storiche realtà che da oltre cinque secoli arricchiscono la vita e la storia di una realtà urbana senza uguali. Questa che ogni tanto usiamo come retorica dovrebbe essere la realtà che accende di orgoglio civico la nostra comunità: la città divisa che si unisce in qualcosa di più grande della semplice somma delle sue parti.
A sostenere la Città e le 17 più piccole Città, è posta una pietra miliare del Palio, quella lastra in terracotta, ritrovata nel misterioso centro etrusco di Poggio Civitate, nei pressi di Murlo, che ci testimonia di una passione per i cavalli che, è bene ricordarlo a quanti si mostrano superficiali e distratti, nelle nostre terre corre indietro di vari millenni.
E infine l’araldica, realizzata in maniera tradizionale ma allo stesso tempo veramente innovativa, sapendo reinventare gli stemmi delle Contrade, non ex novo, piuttosto sfruttando e assemblando una pluralità di fonti e di modelli.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti, così come ad una attenta lettura non sfuggiranno i particolari realizzativi che denotano una sapienza tecnica oggi sempre più desueta e alla felice ricerca di soluzioni in grado di perpetuare il carattere artigianale e plurimaterico del palio e di sottolinearne il carattere non esclusivamente artistico e nemmeno solo devozionale, ma anche di oggetto funzionale e destinato ad un uso simbolico, antecedente la sua consacrazione museale.
È vero,ogni tanto noi sfoderiamo quella  presunzione tutta senese che ben ricorda Mario Bracci in suo discorso tenuto nel 1955 per i 400 anni della istituzione della Repubblica di Siena in  Montalcino, ove ricordando lo stato miserevole delle finanze e della repubblica di Siena alla vigilia di quel mesto ritiro diceva:
<<ma si ingannerebbe chi credesse che quelle triste condizioni avessero un poco turbato la tradizionale passione dei senesi per il fasto pubblico e per lusso privato, per le feste e per i giuochi chiassosi..  è probabile.. dice ancora… che per la gaia spensieratezza che fu sempre caratteristica dei senesi, fossero in molti a Siena a ritenere che la Repubblica fosse ancora quella di Monteaperti…>>.
Ma alla fine del discorso Bracci diceva che proprio da quelle vicende si traeva un valore eterno per la nostra gente, ovvero la capacità di combattere, resistere e perfino morire per la propria dignità personale, dignità spinta passionalmente magari fino all’orgoglio nei grandi come negli umili, ma sempre slancio, fede, bisogno istintivo di salvaguardare la personalità propria che nei momenti decisivi si libera da ogni peso di interessi materiali e calcolo di convenienza pratica.
Le 17 città che si uniscono e si annullano nell’interesse collettivo quando e se lo fanno mostrano un  vigore e una potenza di sentimenti che genera le patrie cittadine e poi quelle nazionali e sviluppa la consapevolezza dei valori universali dell’umanità.
Cerchiamo di non scordarli mai, e andiamo a vivere con gioia e partecipazione reale la nostra festa, con il cuore e con il cervello, come sempre".

Maurizio Cenni

 

 

 

 

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