SIENA NOTIZIE NEWS

 

I GIGANTI BIANCOVERDI: LA STORIA DI MINDA "SINDACO"

News inserita il 10-11-2010

 

Di Mindaugas Zukauskas si è detto e scritto molto nel corso degli anni di militanza mensanina. Quella sua schiettezza e quel suo modo di onorare la maglia della Montepaschi non potevano non rimanere impresse a chiunque gravitava in ambito biancoverde.

Di Mindaugas Zukauskas si è detto e scritto molto nel corso degli anni di militanza mensanina. Non perché fosse un catalizzatore di attenzioni mediatiche, quanto perché quella sua schiettezza e quel suo modo di onorare la maglia della Montepaschi non potevano non rimanere impresse a chiunque gravitava in ambito biancoverde: compagni di squadra, allenatori, addetti ai lavori e soprattutto tifosi, che poi rappresentano la parte più importante quando si tratta di tramandare certi ricordi indelebili a chi magari non ha avuto la fortuna di vivere in prima persona alcuni episodi che hanno fatto la storia della Mens Sana.
Occhi di ghiaccio, biondissimo e chiaro di pelle, Zukauskas era in realtà una sconfitta assoluta di quella scienza che si chiama fisiognomica. Il suo temperamento in campo era infatti bollente (seppur nella correttezza sportiva) e al di fuori del basket aveva legato sin dall’inizio con lo spirito sanguigno che contraddistingue ogni buon senese, oltre ad amare (lui e la famiglia: indimenticabile il primogenito Mantidas, che a soli quattro anni andava in campo nell’intervallo di ogni partita casalinga e faceva sempre e solo canestro, nonostante sembrasse impossibile anche solo fargli tenere in mano il pallone) la buona cucina ed il vino della nostra terra. Non per caso, dopo qualche mese, il tifo biancoverde gli ritagliò addosso un soprannome, il sindaco, che chiariva più ogni altra definizione ciò che Zukauskas rappresentava per la Mens Sana.
Il soldatino (classe 1975, 201 centimetri di statura) venuto dal freddo della Lituania, da Siauliai per la precisione (la città della “collina delle croci”, resa famosa nel mondo da un pellegrinaggio di Papa Wojtila), approdò a Siena nell’estate del 2001 e fu uno dei capisaldi di quella rivoluzione che guardava al basket dell’est già menzionata in altri nostri amarcord. Zukaukas era il numero tre titolare nella squadra guidata da Ergin Ataman, ma incastonarne il ruolo in una sola posizione sul parquet sarebbe un errore perché poi erano le situazioni di gioco a dar modo alla sua versatilità di coprire diversi compiti: ala piccola, ovviamente, ma anche numero quattro e all’occorrenza guardia, senza scordare che come arma tattica il coach turco scelse a volte (con grande successo) di affibbiare Minda alle calcagna di determinati playmakers avversari.
Non era probabilmente un fuoriclasse assoluto ma il curriculum che si portava in dote, dalla vittoria dell’Eurolega con lo Zalgiris (nel 1999) ai tanti allori con la nazionale lituana, lo portavano ad avere un’esperienza tale da prendere per mani i compagni nelle situazioni difficili e farsi carico di quei lavori sporchi, principalmente la difesa (quella che magari al lunedì non si legge sullo scout), che spesso e volentieri cambiavano il corso di una partita e la facevano arridere ai colori biancoverdi. Basti pensare alla “corrida” in Coppa Saporta negli ottavi contro lo Strasburgo, probabilmente lo snodo che poi portò alla vittoria del trofeo nel 2002: fu lui a dare il segnale della riscossa con un tiro da tre punti che precedette di poco l’uscita per cinque falli ma scatenò il pubblico fino a raggiungere il bordo campo ed a rimanervi per un quarto d’ora, fino al passaggio del turno. E fu sempre Zukauskas a dare il là alla scarica di triple sotto la quale, in semifinale, fu sepolta nella gara di andata l’Hapoel Gerusalemme: chiuse il match con 16 punti, Lione era ormai ad un passo.
La Saporta, appunto, lo scudetto sotto la gestione di Recalcati, ed un paio di partecipazioni alle Final Four di Eurolega portano (anche) la firma di Mindaugas Zukauskas. Che a Siena ha trascorso cinque stagioni, disputando 193 partite e segnando quasi 1200 punti in campionato. Molti dei quali arrivati proprio dalla linea (allora) posta a sei metri e venticinque centimetri: un marchio di fabbrica di ogni buon esterno lituano e, nel suo caso, un temibile deterrente per le difese a zona avversarie, infilzate soprattutto dall’angolo, sua posizione preferita per sganciare bordate a canestro.
Nel 2006 il saluto a Siena, alla Mens Sana, a Ferdinando Minucci (col quale si era instaurato un rapporto di amicizia, più che di lavoro) e ad una pagina di sicuro indelebile della sua carriera. Poi il passaggio a Pesaro e, comunque, una serie di ovazioni infinite ogni qualvolta si è ripresentato in viale Sclavo.
Perché lo sport può dividere ma le emozioni, quelle forti e vere, non possono far altro che unire.

Matteo Tasso

 

 

 

 

Galleria Fotografica

Web tv