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DALLA VAL DI CHIANA UN BIANCO PER L'ESTATE!

News inserita il 14-06-2015

  

La secolare storia del vino Valdichiana toscana dall’epoca etrusca ai giorni nostri è attestata da numerosi documenti bibliografici e reperti archeologici risalenti alla civiltà etrusca. Al tempo degli Etruschi questa zona era chiamata il “granaio dell’Etruria”, ma le sue colline erano già punteggiate di vigneti.

  

La Val di Chiana (o Valdichiana) è una valle di origine alluvionale dell'Italia centrale, compresa tra le province di Arezzo e di Siena, in Toscana, e tra quelle di Perugia e di Terni, in Umbria. Nel corso del medioevo, le Città che maggiormente operarono nella valle furono Orvieto, Arezzo, Perugia, Siena e Firenze. Tutte dovettero fare, più o meno concretamente i conti con il grande problema di questo territorio: ovvero il dissesto idrologico che aveva provocato il progressivo impaludamento della zona. Il fiume Chiana (o Clanis), che come attestano gli scrittori classici era al tempo degli etruschi e dei romani perfettamente navigabile, con una evoluzione quasi naturale, tendeva ad invertire il proprio corso dal Tevere all' Arno. A causa dei grandi interessi che via via si erano creati nella valle, le due città che si dovettero occupare maggiormente del problema furono quelle che per più tempo si divisero il dominio sul territorio della Valdichiana e cioè Siena e Firenze. La frammentarietà degli interventi, causata dalla precaria stabilità politica che caratterizzò il periodo medioevale e il primo Rinascimento, fu un ostacolo notevole alla necessaria opera di bonifica. Solo quando, con la caduta di Siena nel 1554, tutto il territorio passò sotto il dominio dei Medici, poté essere approntato un piano coordinato e completo di bonifica. Si occuparono dei lavori nella valle tutti i maggiori artisti e studiosi del `500, da Leonardo Da Vinci ad Antonio da Sangallo, da Baldassarre Peruzzi a Vignola, che realizzarono molte opere sia pubbliche che private.

Le uve destinate alla produzione dei vini della denominazione di origine controllata «Valdichiana toscana» devono essere prodotte nella zona di produzione che comprende in parte il territorio amministrativo dei comuni di Arezzo, Castiglion Fiorentino, Cortona, Foiano, Lucignano, Marciano, Monte San Savino e Civitella in Val di Chiana in provincia di Arezzo e Sinalunga, Torrita di Siena, Chiusi, Montepulciano in provincia di Siena. La secolare storia del vino Valdichiana toscana dall’epoca etrusca ai giorni nostri è attestata da numerosi documenti bibliografici e reperti archeologici risalenti alla civiltà etrusca. Tra questi, ricordiamo il ritrovamento di piani monolitici con scanalature, utilizzati per spremere l'uva mediante il calpestio, che testimonia l'accuratezza delle tecniche enologiche impiegate. Tutto ciò è alla base del fattore umano di esperienze e cultura che nel tempo, in interazione con l’ambiente, ha portato a individuare e sviluppare le pratiche più consone per la produzione enologica di qualità, sia per ottenere vini dal lungo invecchiamento, sia per la produzione di vini più giovani e fruttati. Al tempo degli Etruschi questa zona era chiamata il “granaio dell’Etruria”, ma le sue colline erano già punteggiate di vigneti. Più tardi Plinio il Vecchio, descriverà la bontà di questi vini: il Talpone (rosso) e l’Ethesiaca (bianco). Una viticoltura che gravitava intorno agli importanti centri di Cortona, Montepulciano e Arezzo e che veniva praticata sulle colline della Valdichiana toscana.

L’importanza della vite in questi territori nel tardo e nel basso medioevo si desume anche dalle numerose disposizioni a protezione delle vigne contenute nello Statuto del Comune di Arezzo del 1327, le quali tra l’altro proibivano la caccia all'interno dei vigneti ed imponevano di tenere i cani legati durante la maturazione dell'uva.

Nel '400 i vini locali, bianchi e rossi, vengono citati come pregevoli dal novellista lucchese Sercambi, mentre nel XVI secolo arriva una importante testimonianza da parte di Sante Lancerio, appassionato di vini e bottigliere del Papa Paolo III Farnese: in un documento conservato nella biblioteca civica di Ferrara, assieme ad altri vini viene descritto il Bianco della Valdichiana (toscana) tra i più graditi al Pontefice stesso. Ampio spazio alla viticoltura locale è stato dedicato dall'aretino Francesco Redi, nel celebre ditirambo "Bacco in Toscana".

Dopo un periodo di anonimato, dovuto anche all’impaludamento della valle, con il successivo risanamento Lorenese si torna a parlare di vino della Valdichiana (toscana), anche se il rilancio della viticoltura si può fare risalire alla fine dell’800, quando i francesi della Borgogna e della Champagne, a causa dell'invasione della fillossera verificatasi in quei territori, arrivarono fino a questa zona per acquistare il vino bianco per la spumantizzazione. Alla fine del XIX secolo è sentita l’esigenza di istruire le maestranze per la gestione dei vigneti e delle cantine: nel 1882 viene istituita una Scuola pratica di Agricoltura e tuttora nel Comune di Cortona è attivo un rinomato Istituto Tecnico Agrario. In quest'epoca iniziò ad affermarsi anche il concetto di superiorità tecnico-economica della coltura specializzata rispetto a quella promiscua, la cui diffusione era stata favorita dall'avvento della conduzione mezzadrile. La riscoperta definitiva dei vini locali avviene ai primi del '900 quando vengono definite le caratteristiche chimiche ed organolettiche del Bianco Vergine. Una autorevole citazione si trova nel manuale del De Astis che nel 1935 cita questo vino come molto richiesto, anche per la preparazione di vermouth e spumanti. Per iniziativa di alcuni produttori, il 9 dicembre 1965 fu costituito il Consorzio con lo scopo di tutelare e promuovere l’immagine dei vini della Valdichiana toscana. Nel 1972 è stata ufficialmente riconosciuta la DOC “Valdichiana”, dapprima solo per la tipologia di vino “bianco vergine”, con l’estensione della DOC nel 1989 alle tipologie frizzante, secco e amabile, e spumante, e successivamente, nel 1999, per ulteriori tipologie di vino sia da uve a bacca bianca (chardonnay e grechetto) che da uve a bacca rossa (rosso, rosato, sangiovese), e per il Vin Santo. La necessità di introdurre le tipologie “Rosso", “Sangiovese” e "Rosato " era giustificata dalla tradizione che nella zona aveva visto sempre produrre vini da pasto rossi tranquilli molto apprezzati e richiesti dal mercato. Il Valdichiana Bianco Vergine Doc si abbina bene a pecorino fresco, panzanella, marzolino, piatti a base di pesce, minestra di riso, acquacotta e minestrone. Va servito in calici di media capacità, a una temperatura di circa 8 gradi.

“Quando piove il giorno di San Vito (15) il prodotto dell'uva va sempre fallito”.

Achille Prostamo & Giovanni D'Alessandro

 

 

 

 

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